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 Vincitore "narrativa"
 La lezione del freddo
 Roberto Casati
 Einaudi

 Il libro

 «Volpe, pneumatico, volpe, uccellino, ciaspola, cane. La neve ci parla dell'ordine delle cose. Del prima e del dopo. Si esprime qui tutta la sincerità del mondo: non puoi nascondere il tuo   passaggio alla neve».

Un filosofo, la sua famiglia e altri animali all'esigente scuola del freddo: ritrovare un sentiero perso nel bianco; leggere Thoreau e Hawthorne; mai e poi mai usare il freno sul ghiaccio; coltivare stalattiti; costruire un pratico igloo davanti a casa, lasciare il cane in macchina senza farlo congelare... Piegare la vita domestica alle intemperie significa imparare ad assecondare la natura invernale del mondo. Senza fuggirla, addestrando la mente e le mani a comprenderla. Perché il freddo non è un nemico, per quanto sia temibile.

Il giorno in cui la famiglia trasloca nel New Hampshire, davanti agli occhi si apre un incanto: la casa è immacolata, le doghe di legno percorse dalle ombre del bosco, il tetto verniciato di un azzurro fiabesco. L'estate caldissima sembra non voler mai terminare, ma le allusioni misteriose nelle conversazioni con i vicini e i colleghi fanno presagire una minaccia. In un batter d'occhio arriva la neve, il grande fiume è già ghiacciato, bisogna attrezzarsi: le bambine e il cane ammirano in silenzio lo spettacolo bianco in cui vivranno per un anno. Tra sputaneve elettrici e cataste di legna, orsi nel giardino e incendi divampati nella canna fumaria, piste di fondo oniriche e impronte calcate nel bianco per essere certi di ritrovare la strada, la grande scoperta è che il gelo può diventare un membro della famiglia, una lente d'ingrandimento, un modo di sentire. L'esperienza quotidiana del freddo è un'avventura estrema, a cui non siamo piú abituati e che potrà sorprenderci come una possente rivelazione. Con la praticità dell'uomo di casa e lo sguardo del filosofo, Roberto Casati ha elevato un altare al freddo in mezzo a betulle sottili che in primavera finalmente raddrizzano la schiena. Un racconto imprevedibile e fulminante, un manuale di sopravvivenza, una time capsule confezionata con amore pensando ai figli e alle figlie del riscaldamento del pianeta. «Se uno guarda il sentiero che traccio, all'andata vede uno zig-zag, una linea tratteggiata di piedi destri e piedi sinistri. Al ritorno cerco di calpestare la neve con le ciaspole dove non ero passato all'andata, per rendere uniforme il sentiero. Ho deciso di chiamarla la camminata etica, pensa chi ti segue, aiutalo».

Motivazione

Il testo di Roberto Casati ci avvisa fin dal titolo che il freddo, lungi dall'essere solo una condizione oggettiva o un sinonimo dell'umano disagio, può essere interrogato come si interroga un fratello maggiore, un compagno saggio o un antico maestro.
L'esperienza di una famiglia che si consegna al lungo inverno del New England, rigido e prodigo di neve oltre ogni immaginazione, è la rampa di lancio per un'avventura collettiva, una serie inesausta di epifanie che coinvolge adulti, bambini e l'indimenticabile ''French dog'' Blacky, un meraviglioso viaggio da fermi - si fa per dire, ché il narratore nella neve corre, spacca la legna e calca il leggendario Appalachian trail.
La giuria non ha avuto dubbi sulla qualità straordinaria - stilistica, ed etica - di questo testo di filosofia pratica che si lascia godere come un romanzo: nel leggerlo ci sono tornate alla mente le parole che Primo Levi dedica all'amico Sandro nel racconto ''Ferro''.
''Poteva essere la Materia la nostra maestra, e magari, in mancanza di meglio, la nostra scuola politica;  ma lui aveva un'altra materia a cui condurci,  un'altra educatrice. Non le polverine di ''Qualitativa'' ma quella vera, l'autentica Urstoff senza tempo, la pietra e il ghiaccio delle montagne vicine''.
Come lettori non possiamo fare altro che ringraziare Casati per avere condiviso con noi l'indagine sul valore cognitivo del freddo, le preziose riflessioni sul nostro avvenire e le spassose reazioni di Blacky, che adora il calore come una divinità; in quanto giurati siamo orgogliosi di assegnargli la palma di vincitore del Premio ITAS 2018.

 Vincitore "non narrativa"
 La cresta infinita
 Sandy Allan
 Alpine Studio

 Il libro

 Nell’estate del 2012 sei alpinisti provenienti da diverse nazioni tentarono la prima salita alla vetta del Nanga Parbat (la nona montagna più alta del mondo) lungo la Mazeno Ridge, che con il suo  sviluppo di oltre 10 chilometri è la più lunga cresta dei quattordici Ottomila. Dieci spedizioni precedenti l’avevano tentata e avevano fallito.
 Undici giorni dopo la partenza e arrivati a quota 7200 metri, quattro di loro si ritirarono. Mancavano ancora tre chilometri di percorso e 1300 metri di dislivello, ma due alpinisti britannici, Sandy Allan e Rick Allen, entrambi più che cinquantenni, determinati ad arrivare in vetta, proseguirono da soli. A corto di cibo e di acqua, ben presto esauriti e in preda ad allucinazioni per la prolungata permanenza sopra gli 8000 metri e per la mancanza di ossigeno, arrivarono in vetta. Impiegarono altri tre giorni, senza cibo ne acqua, per scendere al campo base lungo il versante più alto della montagna.
La Cresta Infinita è la storia di una straordinaria prova di resistenza e impegno ai limiti della sopravvivenza.

Motivazione

In un librettino smilzo di 177 pagine è raccontata una delle imprese himalayane più folli dell’ultimo trentennio. E’ da meno anni, ma sono comunque tanti, che il Premio Itas non va a quello che i francesi chiamano “récit d’ascension”, la più autentica delle narrazioni di montagna. In questo caso la scelta era però doverosa. Sandy Allan ripercorre in “La cresta infinita”, che Alpine Studio ha tradotto lo scorso anno, l’ascensione prodigiosa sua e di Rick Allen della Mazeno Ridge del Nanga Parbat con la passione che solo un alpinista britannico può avere (ma lui è scozzese, sia ben chiaro). Una decina di chilometri di lame affilate di neve e ghiaccio e pinnacoli di roccia, un itinerario tentato inutilmente dieci volte prima di loro, tra gli ultimi grandi problemi himalayani. Allan e Allen riescono ad arrivare in cima al Nanga Parbat dopo diciotto giorni passati lassù, mentre i blog d’alpinismo di mezzo mondo li danno per perduti. I compagni già hanno abbandonato il campo base, pronti a rientrare a casa. Loro invece sono vivi, solo spaventosamente affamati. Allan racconta la grande avventura come fosse un viaggio appena un po’ disagevole sei-settemila metri più in basso, senza alzare i toni, sempre con un pizzico d’ironia. Un magnifico esempio per i resoconti di spedizione di tanti loro colleghi alpinisti, quando l’opinione di sé stessi comincia a crescere più alta della montagna.

 Vincitore "narrativa per ragazzi"
 L'uomo montagna
 Sevérine Gauthier & Amélie Fléchais
 Alpine Studio

 Il libro

 Un nonno non è più in grado di viaggiare, per via delle montagne  che sono cresciute a dismisura sulle sue spalle.
 Per lui è giunto il momento di partire per l’ultimo viaggio. Il suo nipotino, che vorrebbe accompagnarlo ma è troppo piccolo per aiutarlo a portare quel peso, coglierà l’occasione per cercare un vento potentissimo, col quale potrà smuovere una volta per tutte le mastodontiche montagne. Il bambino va, il nonno promette di aspettarlo.

Motivazione

Un bambino parte per il primo viaggio da solo. La sua meta è il vento della vetta più alta, quello che può smuovere le montagne cresciute sulle spalle del nonno che sta per partire, ma ha promesso di aspettarlo. Se il piccolo troverà il vento, forse questo spingerà il nonno verso nuove ed eccitanti avventure, altrimenti per lui sarà l’ultimo viaggio.
La metafora del bambino che apprende le leggi immutabili del mondo si traduce in un racconto lieve, eppure denso di significati. Nella sua scalata alla montagna più alta, il piccolo conosce per la prima volta la solitudine in un alternarsi tra giorni e notti. Lungo il cammino, entra in contatto con la natura e tutto ciò che la compone: alberi, rocce e animali, ciascuno intento nell’interpretare il proprio ruolo nell’ordine dell’universo. Con il piccolo viaggiatore, questi condividono lo stupore della conoscenza e la loro saggezza: da ognuno il protagonista impara qualcosa. Dall’albero, l’importanza di avere radici salde; dai sassi, il piacere di vivere secondo la propria natura; dagli stambecchi, a contare sugli altri nei momenti difficili; dal vento, la forza di andare avanti.
La storia procede come un percorso di formazione, accompagnata dai disegni che le conferiscono un respiro universale. La comunione tra uomo e natura è resa, fin dai primi disegni, con efficacia visionaria. Il profilo del nonno abbraccia l’orizzonte e trasfigura nel paesaggio, barba e capelli tramutati in vento, ossa e pelle ruvida in monti puntuti: una splendida illustrazione della vecchiaia, che è anche un ritorno alla terra da cui tutto ha origine. Per contro, gli elementi della natura sono personificati e si confrontano con il bambino. Dal grande albero, con il corpo attorcigliato e gli occhi di corteccia, al vento etereo dalle ali di uccello, dai sassi animati e spigolosi ai maestosi e soffici stambecchi. Personaggi che interagiscono con lo sfondo, fondendosi con l’ambiente grazie ai colori e ai contorni tenui, tra luminose tonalità pastello ed atmosfere stellate.
In sintesi un gran libro illustrato, con un ricco immaginario grafico e dai tratti moderni, da gustare tavola dopo tavola, che non mancherà di conquistare gli adulti al pari dei più piccoli.

Giuria:
Enrico Brizzi, Leonardo Bizzaro, Lorenzo Carpanè, Linda Cottino, Danilo Zanoni, Gian Mario Villalta, Claudio Bassetti, Luana Bisesti.

Menzione speciale Trentino:
Andrea Contrini, Echi nel silenzio, Publistampa Edizioni

Segnalati:
Alberto Paleari, L'attraversamento invernale delle Alpi, MonteRosa Edizioni
Mario Casella, Il peso delle ombre, Gabriele Capelli Editore